La Direzione centrale coordinamento giuridico,
dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), ha emanato la nota n. 1159 del 7giugno 2022, con la quale ha fornito alcuni chiarimenti in merito all’adozione
del provvedimento di sospensione – ex art. 14, D.Lgs. n.
81/2008 – a seguito della sostituzione della disposizione da parte
dall’art. 13 del D.L. n. 146/2021, con particolare riferimento ai
casi di attività la cui interruzione potrebbe comportare gravi conseguenze ai
beni ed alla produzione (ad es. nel settore agricolo o in quello zootecnico)
nonché la compromissione del regolare funzionamento di un servizio pubblico.
LA NOTA DELL’ISPETTORATO DEL LAVORO
A seguito dell’introduzione del “nuovo” provvedimento
di sospensione, l’attuale formulazione normativa prevede, diversamente dal
testo previgente, l’assenza di discrezionalità in capo al personale ispettivo
fatta salva – in forza del comma 4 dell’art. 14 – la possibilità di farne
decorrere gli effetti in un momento successivo a meno che “non si
riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute
dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità”.
Ciò premesso, la circolare di questo Ispettorato n. 3/2021,
nel fornire le prime indicazioni sull’applicazione sul novellato istituto della
sospensione, nel paragrafo “condizioni per l’adozione del provvedimento”
ha comunque ribadito – richiamando alcuni passaggi della precedente circolare
n. 33/2009 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali – la necessità di
“valutare circostanze particolari che suggeriscano, sotto il profilo
dell’opportunità, di non adottarlo. Tali circostanze sono anzitutto
legate ad esigenze di salute e sicurezza sul lavoro. In altre parole, laddove
la sospensione dell’attività possa determinare a sua volta una situazione di
maggior pericolo per l’incolumità dei lavoratori o di terzi è opportuno non
emanare alcun provvedimento. In tal senso va dunque precisato che il
provvedimento non va adottato quando l’interruzione dell’attività svolta
dall’impresa determini a sua volta una situazione di pericolo per l’incolumità
dei lavoratori della stessa o delle altre imprese che operano nel cantiere
(si pensi, ad esempio, alla sospensione di uno scavo in presenza di una
falda d’acqua o a scavi aperti in strade di grande traffico, a demolizioni il
cui stato di avanzamento abbia già pregiudicato la stabilità della
struttura residua e/o adiacente o, ancora, alla necessità di
ultimare eventuali lavori di rimozione di materiali nocivi)”.
La mancata adozione del provvedimento di sospensione è
pertanto da considerare una extrema ratio rispetto alla fisiologica
applicazione del richiamato art. 14, determinata dal rischio che dall’adozione
del provvedimento possano derivare situazioni di pericolo imminente o di
grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica
incolumità.
Tale valutazione va effettuata in rapporto alla fattispecie
concreta da parte del personale ispettivo, effettuando un bilanciamento degli
interessi coinvolti nel caso di specie e la decisione della mancata
adozione va accuratamente motivata, ai sensi dell’art. 3 della
L. n. 241/1990 – come espressamente richiamato dal comma 5 dello stesso
art. 14 – indicando già nel verbale di primo accesso i presupposti di fatto e
le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione.
Nelle ipotesi prospettate, si ritiene pertanto che possa
integrare un grave rischio per la pubblica incolumità la sospensione di un
servizio pubblico che, in assenza di valide alternative che possano
garantire l’esercizio di diritti spesso di rango costituzionale, va dunque
salvaguardato (ad es. attività di trasporto, di fornitura di energia elettrica
ecc.).
Analogamente è possibile che dalla sospensione dell’attività
di allevamento di animali derivi un grave rischio per la pubblica incolumità,
stanti peraltro le conseguenze di natura igienico sanitaria legate al
mancato accudimento.
In tutte le ipotesi in cui non ricorrano i presupposti per
una mancata adozione del provvedimento di sospensione ma si valuti che
dallo stesso possano comunque derivare significativi danni per ragioni
tecniche, sanitarie o produttive – ad es. per l’interruzione di cicli
produttivi avviati o danni agli impianti per l’improvvisa interruzione – la
valutazione da fare è sul possibile posticipo degli effetti della sospensione
in un momento successivo a quello dell’adozione del provvedimento,
come previsto dal comma 4 dell’art. 14 nel quale si fa riferimento al
momento della “cessazione dell’attività lavorativa in corso che non può
essere interrotta”, intendendo pertanto per “attività lavorativa”
non solo il singolo turno di lavoro ma il ciclo produttivo in corso, dalla
cui interruzione possano derivare conseguenze gravi di natura economica (vedi
raccolta dei frutti maturi, vendemmia in corso, ecc.) e sempre che dal
posticipo degli effetti della sospensione non derivino rischi per
la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità.
È evidente che laddove, medio tempore, stante il posticipo
degli effetti del provvedimento di sospensione, dovessero verificarsi le
condizioni indicate nel comma 9 dell’art. 14, lo stesso provvedimento
potrà essere revocato.
Resta fermo che la continuazione dell’attività per mancata
adozione del provvedimento o per posticipazione dei suoi effetti deve comunque
avvenire nel rispetto di ogni condizione di legalità e di sicurezza, cosicché
sarà ad esempio impedito ai lavoratori c.d. “in nero” di continuare a svolgere
la propria attività sino ad una completa regolarizzazione e la
possibilità, ai sensi del comma 1 dell’art. 14, di “imporre specifiche
misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei
lavoratori durante il lavoro”.
Nota n. 1159 del 7 giugno 2022.pdf
Fonte: INL